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Come utilizzare il digital nel non profit: il caso Charity: water.

04 Aprile 2017 | commenti

Come utilizzare il digital nel non profit: il caso Charity: water.

Oggi parliamo di Charity: water, uno dei casi studio sul digital foundraising più interessanti degli ultimi anni.

 

Charity: water è un’organizzazione non profit nata nel 2006 ad opera di Scott Harrison, con la mission di portare acqua pulita e potabile alle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo.

 

Harrison, prima di diventare imprenditore, lavorava come promoter di locali lussuosi e si trovava perennemente a contatto con persone importanti, capaci di spendere anche centinaia di dollari per una bottiglia di Champagne in una sola serata.

Dopo aver passato anni nel mondo dello sfarzo, decise di partire per la Liberia come fotogiornalista aggregato ad un ospedale che offriva cure gratuite: qui conobbe malattie molto gravi, e la maggior parte di esse erano dovute ad una causa in particolare, ossia la mancanza di acqua potabile. Dopo un soggiorno durato 8 mesi, decise di fondare un’organizzazione con l’obiettivo di cambiare la vita delle persone grazie all’apporto di acqua potabile.

 

Per lanciare la sua fondazione, Harrison caricò un video su YouTube nel giorno del suo trentunesimo compleanno dove chiedeva ai suoi amici di donare 31 dollari per l’iniziativa anziché fargli un regalo. Con i soldi raccolti riuscì a far partire un primo progetto di costruzione di pozzi in Uganda e da qui iniziò la sua grande avventura.

Dal 2006 l’organizzazione continua a migliorarsi e a perfezionare il sito web, che è il suo cavallo di battaglia principale: grazie al design minimale ma piacevole e alla sua grandissima semplicità di utilizzo, negli anni è diventato oggetto di numerosi casi di studio per essere uno strumento efficiente ed efficace di raccolta fondi (nei primi 6 anni di attività sono stati raccolti più di 20 milioni di dollari) e un fenomenale veicolo di storytelling.

 

Gli asset su cui si basa la comunicazione di Charity: water sono la trasparenza, la chiarezza dell’obiettivo e, come già anticipato, ottimi design e usabilità.

La trasparenza è forse il più importante, infatti l’organizzazione cerca in ogni modo di far capire ai donatori l’impatto effettivo del loro contributo sul miglioramento delle condizioni delle persone tramite la pagina My Projects, dove chiunque può vedere lo stato di avanzamento dei singoli progetti, la loro posizione geografica e verificare che il denaro investito sia stato utilizzato per il fine prefissato.

Il sito, utilizzato congiuntamente ai social networks (l’organizzazione è una delle più seguite su Twitter ed è stata una delle prime ad utilizzare Instagram), è anche un ottimo strumento di coinvolgimento: consiste in un percorso esperienziale costellato di attività divertenti e personalizzabili che si conclude con l’invito all’azione (che in questo caso consiste appunto in una donazione). Esso permette infatti di avviare una campagna di foundraising personale invitando amici e parenti a contribuire alla raccolta fondi, trasformando occasioni speciali come il compleanno o l’anniversario in opportunità di dono.

 

Il punto di forza del sito è l’incontro tra azione umanitaria e innovazione tecnologica: esse si fondono in un luogo dove è presente un blog arricchito da news, e immagini capaci di coinvolgere emotivamente gli utenti e di far loro vivere una bellissima esperienza, tenendoli sempre informati sullo svolgimento dei progetti. Nel sito è presente anche l’e-commerce atto a vendere dei gadget i cui proventi sono destinati ai progetti dell’organizzazione.

 

Se ritieni anche tu che il digitale sia ormai imprescindibile anche per le organizzazioni non profit o se vuoi raccontarci la storia della tua organizzazione faccelo sapere nei commenti!